Category    Category    Category    
Un po' di storia
iPhone Targeted Content
alc
Ha l’aspetto di un piccolo leopardino, ma in realtà è un gatto domestico… com’è successo?
Facciamo un passo indietro …
Nel 1961 la Sig.ra Jean Sudgen (divenuta poi Jean Mill dell’allevamento Millwood), acquistò in Arizona, dove viveva, Malasia una femmina di ALC che crebbe in casa con un suo micio domestico. Divenuta grande, si accoppiò e partorì due micini, uno a macchie come la mamma e uno no. Jean sperava che questa fosse la base da cui partire per ottenere una nuova razza, ma rimase vedova e fu costretta ad abbandonare il suo sogno senza però dimenticarlo….
Nel 1973 il Dott. Centerwall, portò avanti uno studio sulla leucemia felina e scoprì che l’ALC ne era immune, decise quindi di ibridarlo al fine di ottenere una generazione nuova da studiare. Per quanto l’intento fu dei più onorevoli, il dottore non riuscì nell’impresa, in quanto l’immunità si perdeva con l’ibridazione con il gatto domestico. Jean, ora risposata, riuscì ad adottare le femmine di prima generazione.
Cercando per loro dei compagni selezionò due maschi, uno brown trovato in un ricovero per animali e uno rosso a macchie mogano trovato a vagabondare nello zoo di Delhi. Il sogno di Jean si stava realizzando e le sue prospettive si ampliavano. Iniziò a lavorare sul tipo di maculatura, introdusse i geni del rosettato con la certezza che, anche se in prima generazione non si vedevano, prima o poi sarebbero usciti di nuovo.
Nel 1985 il Bengal venne inserito dalla TICA come razza nuova, sperimentale. Naturalmente gli ALC venivano incrociati con differenti razze di gatto domestico, (mau, abissino, bombay, burmese, maine coon e altri gatti domestici anche non di razza a pelo corto).
Nel 1991 venne ufficialmente riconosciuta come razza, prima dalla T.I.C.A. (The International Cat Association) e dalle altre organizzazioni feline successivamente.
Il sogno di Jean (e di tutti gli allevatori con cui collaborò) si era realizzato e la razza Bengal è ora una delle più diffuse in America.
Il gatto bengala è un gatto di razza pura, con pedigree (da esigere al momento dell’acquisto del vostro gatto!).
Da quando il gatto bengala è stato riconosciuto e quindi sono stati fissati gli standard della razza, non è più possibile incrociare l’Asian Leopard Cat con altre razze di gatti ma solo con il bengala. Alcuni allevatori (all’estero perchè in Italia è proibito detenere ALC e/o Early Generation) incrociano i propri riproduttori con l’A.L.C. al fine di ottenere nuove linee di sangue, o per tentare di fissare alcune caratteristiche fisiche che con l’ibridazione si sono perse (es.pancia bianca) o semplicemente esemplari dall’aspetto più spettacolare, personalmente ritengo che questa sia una cosa molto positiva perché introducendo “sangue” nuovo si mantiene sana la razza evitando quei pericolosi incroci fra consanguinei che inevitabilmente portano a malattie di origine genetica e che verrebbero fissate con l’inbreeding.
iPad Targeted Content
alc
Ha l’aspetto di un piccolo leopardino, ma in realtà è un gatto domestico… com’è successo?
Facciamo un passo indietro …
Nel 1961 la Sig.ra Jean Sudgen (divenuta poi Jean Mill dell’allevamento Millwood), acquistò in Arizona, dove viveva, Malasia una femmina di ALC che crebbe in casa con un suo micio domestico. Divenuta grande, si accoppiò e partorì due micini, uno a macchie come la mamma e uno no. Jean sperava che questa fosse la base da cui partire per ottenere una nuova razza, ma rimase vedova e fu costretta ad abbandonare il suo sogno senza però dimenticarlo….
Nel 1973 il Dott. Centerwall, portò avanti uno studio sulla leucemia felina e scoprì che l’ALC ne era immune, decise quindi di ibridarlo al fine di ottenere una generazione nuova da studiare. Per quanto l’intento fu dei più onorevoli, il dottore non riuscì nell’impresa, in quanto l’immunità si perdeva con l’ibridazione con il gatto domestico. Jean, ora risposata, riuscì ad adottare le femmine di prima generazione.
Cercando per loro dei compagni selezionò due maschi, uno brown trovato in un ricovero per animali e uno rosso a macchie mogano trovato a vagabondare nello zoo di Delhi. Il sogno di Jean si stava realizzando e le sue prospettive si ampliavano. Iniziò a lavorare sul tipo di maculatura, introdusse i geni del rosettato con la certezza che, anche se in prima generazione non si vedevano, prima o poi sarebbero usciti di nuovo.
Nel 1985 il Bengal venne inserito dalla TICA come razza nuova, sperimentale. Naturalmente gli ALC venivano incrociati con differenti razze di gatto domestico, (mau, abissino, bombay, burmese, maine coon e altri gatti domestici anche non di razza a pelo corto).
Nel 1991 venne ufficialmente riconosciuta come razza, prima dalla T.I.C.A. (The International Cat Association) e dalle altre organizzazioni feline successivamente.
Il sogno di Jean (e di tutti gli allevatori con cui collaborò) si era realizzato e la razza Bengal è ora una delle più diffuse in America.
Il gatto bengala è un gatto di razza pura, con pedigree (da esigere al momento dell’acquisto del vostro gatto!).
Da quando il gatto bengala è stato riconosciuto e quindi sono stati fissati gli standard della razza, non è più possibile incrociare l’Asian Leopard Cat con altre razze di gatti ma solo con il bengala. Alcuni allevatori (all’estero perchè in Italia è proibito detenere ALC e/o Early Generation) incrociano i propri riproduttori con l’A.L.C. al fine di ottenere nuove linee di sangue, o per tentare di fissare alcune caratteristiche fisiche che con l’ibridazione si sono perse (es.pancia bianca) o semplicemente esemplari dall’aspetto più spettacolare, personalmente ritengo che questa sia una cosa molto positiva perché introducendo “sangue” nuovo si mantiene sana la razza evitando quei pericolosi incroci fra consanguinei che inevitabilmente portano a malattie di origine genetica e che verrebbero fissate con l’inbreeding.
alc
Ha l’aspetto di un piccolo leopardino, ma in realtà è un gatto domestico… com’è successo?
Facciamo un passo indietro …
Nel 1961 la Sig.ra Jean Sudgen (divenuta poi Jean Mill dell’allevamento Millwood), acquistò in Arizona, dove viveva, Malasia una femmina di ALC che crebbe in casa con un suo micio domestico. Divenuta grande, si accoppiò e partorì due micini, uno a macchie come la mamma e uno no. Jean sperava che questa fosse la base da cui partire per ottenere una nuova razza, ma rimase vedova e fu costretta ad abbandonare il suo sogno senza però dimenticarlo….
Nel 1973 il Dott. Centerwall, portò avanti uno studio sulla leucemia felina e scoprì che l’ALC ne era immune, decise quindi di ibridarlo al fine di ottenere una generazione nuova da studiare. Per quanto l’intento fu dei più onorevoli, il dottore non riuscì nell’impresa, in quanto l’immunità si perdeva con l’ibridazione con il gatto domestico. Jean, ora risposata, riuscì ad adottare le femmine di prima generazione.
Cercando per loro dei compagni selezionò due maschi, uno brown trovato in un ricovero per animali e uno rosso a macchie mogano trovato a vagabondare nello zoo di Delhi. Il sogno di Jean si stava realizzando e le sue prospettive si ampliavano. Iniziò a lavorare sul tipo di maculatura, introdusse i geni del rosettato con la certezza che, anche se in prima generazione non si vedevano, prima o poi sarebbero usciti di nuovo.
Nel 1985 il Bengal venne inserito dalla TICA come razza nuova, sperimentale. Naturalmente gli ALC venivano incrociati con differenti razze di gatto domestico, (mau, abissino, bombay, burmese, maine coon e altri gatti domestici anche non di razza a pelo corto).
Nel 1991 venne ufficialmente riconosciuta come razza, prima dalla T.I.C.A. (The International Cat Association) e dalle altre organizzazioni feline successivamente.
Il sogno di Jean (e di tutti gli allevatori con cui collaborò) si era realizzato e la razza Bengal è ora una delle più diffuse in America.
Il gatto bengala è un gatto di razza pura, con pedigree (da esigere al momento dell’acquisto del vostro gatto!).
Da quando il gatto bengala è stato riconosciuto e quindi sono stati fissati gli standard della razza, non è più possibile incrociare l’Asian Leopard Cat con altre razze di gatti ma solo con il bengala. Alcuni allevatori (all’estero perchè in Italia è proibito detenere ALC e/o Early Generation) incrociano i propri riproduttori con l’A.L.C. al fine di ottenere nuove linee di sangue, o per tentare di fissare alcune caratteristiche fisiche che con l’ibridazione si sono perse (es.pancia bianca) o semplicemente esemplari dall’aspetto più spettacolare, personalmente ritengo che questa sia una cosa molto positiva perché introducendo “sangue” nuovo si mantiene sana la razza evitando quei pericolosi incroci fra consanguinei che inevitabilmente portano a malattie di origine genetica e che verrebbero fissate con l’inbreeding.
Android Targeted Content
alc
Ha l’aspetto di un piccolo leopardino, ma in realtà è un gatto domestico… com’è successo?
Facciamo un passo indietro …
Nel 1961 la Sig.ra Jean Sudgen (divenuta poi Jean Mill dell’allevamento Millwood), acquistò in Arizona, dove viveva, Malasia una femmina di ALC che crebbe in casa con un suo micio domestico. Divenuta grande, si accoppiò e partorì due micini, uno a macchie come la mamma e uno no. Jean sperava che questa fosse la base da cui partire per ottenere una nuova razza, ma rimase vedova e fu costretta ad abbandonare il suo sogno senza però dimenticarlo….
Nel 1973 il Dott. Centerwall, portò avanti uno studio sulla leucemia felina e scoprì che l’ALC ne era immune, decise quindi di ibridarlo al fine di ottenere una generazione nuova da studiare. Per quanto l’intento fu dei più onorevoli, il dottore non riuscì nell’impresa, in quanto l’immunità si perdeva con l’ibridazione con il gatto domestico. Jean, ora risposata, riuscì ad adottare le femmine di prima generazione.
Cercando per loro dei compagni selezionò due maschi, uno brown trovato in un ricovero per animali e uno rosso a macchie mogano trovato a vagabondare nello zoo di Delhi. Il sogno di Jean si stava realizzando e le sue prospettive si ampliavano. Iniziò a lavorare sul tipo di maculatura, introdusse i geni del rosettato con la certezza che, anche se in prima generazione non si vedevano, prima o poi sarebbero usciti di nuovo.
Nel 1985 il Bengal venne inserito dalla TICA come razza nuova, sperimentale. Naturalmente gli ALC venivano incrociati con differenti razze di gatto domestico, (mau, abissino, bombay, burmese, maine coon e altri gatti domestici anche non di razza a pelo corto).
Nel 1991 venne ufficialmente riconosciuta come razza, prima dalla T.I.C.A. (The International Cat Association) e dalle altre organizzazioni feline successivamente.
Il sogno di Jean (e di tutti gli allevatori con cui collaborò) si era realizzato e la razza Bengal è ora una delle più diffuse in America.
Il gatto bengala è un gatto di razza pura, con pedigree (da esigere al momento dell’acquisto del vostro gatto!).
Da quando il gatto bengala è stato riconosciuto e quindi sono stati fissati gli standard della razza, non è più possibile incrociare l’Asian Leopard Cat con altre razze di gatti ma solo con il bengala. Alcuni allevatori (all’estero perchè in Italia è proibito detenere ALC e/o Early Generation) incrociano i propri riproduttori con l’A.L.C. al fine di ottenere nuove linee di sangue, o per tentare di fissare alcune caratteristiche fisiche che con l’ibridazione si sono perse (es.pancia bianca) o semplicemente esemplari dall’aspetto più spettacolare, personalmente ritengo che questa sia una cosa molto positiva perché introducendo “sangue” nuovo si mantiene sana la razza evitando quei pericolosi incroci fra consanguinei che inevitabilmente portano a malattie di origine genetica e che verrebbero fissate con l’inbreeding.
Blackberry Targeted Content
alc
Ha l’aspetto di un piccolo leopardino, ma in realtà è un gatto domestico… com’è successo?
Facciamo un passo indietro …
Nel 1961 la Sig.ra Jean Sudgen (divenuta poi Jean Mill dell’allevamento Millwood), acquistò in Arizona, dove viveva, Malasia una femmina di ALC che crebbe in casa con un suo micio domestico. Divenuta grande, si accoppiò e partorì due micini, uno a macchie come la mamma e uno no. Jean sperava che questa fosse la base da cui partire per ottenere una nuova razza, ma rimase vedova e fu costretta ad abbandonare il suo sogno senza però dimenticarlo….
Nel 1973 il Dott. Centerwall, portò avanti uno studio sulla leucemia felina e scoprì che l’ALC ne era immune, decise quindi di ibridarlo al fine di ottenere una generazione nuova da studiare. Per quanto l’intento fu dei più onorevoli, il dottore non riuscì nell’impresa, in quanto l’immunità si perdeva con l’ibridazione con il gatto domestico. Jean, ora risposata, riuscì ad adottare le femmine di prima generazione.
Cercando per loro dei compagni selezionò due maschi, uno brown trovato in un ricovero per animali e uno rosso a macchie mogano trovato a vagabondare nello zoo di Delhi. Il sogno di Jean si stava realizzando e le sue prospettive si ampliavano. Iniziò a lavorare sul tipo di maculatura, introdusse i geni del rosettato con la certezza che, anche se in prima generazione non si vedevano, prima o poi sarebbero usciti di nuovo.
Nel 1985 il Bengal venne inserito dalla TICA come razza nuova, sperimentale. Naturalmente gli ALC venivano incrociati con differenti razze di gatto domestico, (mau, abissino, bombay, burmese, maine coon e altri gatti domestici anche non di razza a pelo corto).
Nel 1991 venne ufficialmente riconosciuta come razza, prima dalla T.I.C.A. (The International Cat Association) e dalle altre organizzazioni feline successivamente.
Il sogno di Jean (e di tutti gli allevatori con cui collaborò) si era realizzato e la razza Bengal è ora una delle più diffuse in America.
Il gatto bengala è un gatto di razza pura, con pedigree (da esigere al momento dell’acquisto del vostro gatto!).
Da quando il gatto bengala è stato riconosciuto e quindi sono stati fissati gli standard della razza, non è più possibile incrociare l’Asian Leopard Cat con altre razze di gatti ma solo con il bengala. Alcuni allevatori (all’estero perchè in Italia è proibito detenere ALC e/o Early Generation) incrociano i propri riproduttori con l’A.L.C. al fine di ottenere nuove linee di sangue, o per tentare di fissare alcune caratteristiche fisiche che con l’ibridazione si sono perse (es.pancia bianca) o semplicemente esemplari dall’aspetto più spettacolare, personalmente ritengo che questa sia una cosa molto positiva perché introducendo “sangue” nuovo si mantiene sana la razza evitando quei pericolosi incroci fra consanguinei che inevitabilmente portano a malattie di origine genetica e che verrebbero fissate con l’inbreeding.
Desktop and all none targeted content
alc
Ha l’aspetto di un piccolo leopardino, ma in realtà è un gatto domestico… com’è successo?
Facciamo un passo indietro …
Nel 1961 la Sig.ra Jean Sudgen (divenuta poi Jean Mill dell’allevamento Millwood), acquistò in Arizona, dove viveva, Malasia una femmina di ALC che crebbe in casa con un suo micio domestico. Divenuta grande, si accoppiò e partorì due micini, uno a macchie come la mamma e uno no. Jean sperava che questa fosse la base da cui partire per ottenere una nuova razza, ma rimase vedova e fu costretta ad abbandonare il suo sogno senza però dimenticarlo….
Nel 1973 il Dott. Centerwall, portò avanti uno studio sulla leucemia felina e scoprì che l’ALC ne era immune, decise quindi di ibridarlo al fine di ottenere una generazione nuova da studiare. Per quanto l’intento fu dei più onorevoli, il dottore non riuscì nell’impresa, in quanto l’immunità si perdeva con l’ibridazione con il gatto domestico. Jean, ora risposata, riuscì ad adottare le femmine di prima generazione.
Cercando per loro dei compagni selezionò due maschi, uno brown trovato in un ricovero per animali e uno rosso a macchie mogano trovato a vagabondare nello zoo di Delhi. Il sogno di Jean si stava realizzando e le sue prospettive si ampliavano. Iniziò a lavorare sul tipo di maculatura, introdusse i geni del rosettato con la certezza che, anche se in prima generazione non si vedevano, prima o poi sarebbero usciti di nuovo.
Nel 1985 il Bengal venne inserito dalla TICA come razza nuova, sperimentale. Naturalmente gli ALC venivano incrociati con differenti razze di gatto domestico, (mau, abissino, bombay, burmese, maine coon e altri gatti domestici anche non di razza a pelo corto).
Nel 1991 venne ufficialmente riconosciuta come razza, prima dalla T.I.C.A. (The International Cat Association) e dalle altre organizzazioni feline successivamente.
Il sogno di Jean (e di tutti gli allevatori con cui collaborò) si era realizzato e la razza Bengal è ora una delle più diffuse in America.
Il gatto bengala è un gatto di razza pura, con pedigree (da esigere al momento dell’acquisto del vostro gatto!).
Da quando il gatto bengala è stato riconosciuto e quindi sono stati fissati gli standard della razza, non è più possibile incrociare l’Asian Leopard Cat con altre razze di gatti ma solo con il bengala. Alcuni allevatori (all’estero perchè in Italia è proibito detenere ALC e/o Early Generation) incrociano i propri riproduttori con l’A.L.C. al fine di ottenere nuove linee di sangue, o per tentare di fissare alcune caratteristiche fisiche che con l’ibridazione si sono perse (es.pancia bianca) o semplicemente esemplari dall’aspetto più spettacolare, personalmente ritengo che questa sia una cosa molto positiva perché introducendo “sangue” nuovo si mantiene sana la razza evitando quei pericolosi incroci fra consanguinei che inevitabilmente portano a malattie di origine genetica e che verrebbero fissate con l’inbreeding.
Lo standard di razza
iPhone Targeted Content
lo standard di razza
Qualunque bengala desta ammirazione perché il suo aspetto è tra i più spettacolari nel mondo felino, ma lo standard ufficiale di razza prevede caratteristiche ben precise.
Anche se ci possono essere piccole discrepanze tra le varie associazioni feline tutti concordano che…
Il bengala è un gatto di taglia medio grande, il maschio può arrivare a pesare anche 9 Kg, la femmina 4 o 5, raramente di più. Ha una struttura robusta, corpo solido e muscoloso, le zampe posteriori un po’ più lunghe di quelle anteriori, la coda leggermente spessa e non troppo lunga, arrotondata e nera in punta, è apprezzato il portamento all’ingiù. L’impressione generale che si deve avere osservando un bengala è di potenza e grande agilià, deve farci evocare (sognare) i felini che saltano di ramo in ramo all’inseguimento delle loro prede.
La testa dovrebbe essere leggermente più piccola rispetto al resto del corpo con orecchie relativamente piccole dalla base larga, con la punta arrotondata e ben distanziate tra di loro. Il naso dritto che continua dalla curva della fronte senza brusche interruzioni e dalla punta grande. Gli occhi devono essere grandi, espressivi, distanziati, quasi tondi che si allungano leggermente verso le orecchie e che ricordano quelli dei grandi felini notturni. Il colore può essere nocciola, oro più raramente verde. azzurri o acqua solo nella variante “snow”.
I cuscinetti dei baffi e il mento (non sporgente) devono essere ben pronunciati e in evidenza, a formare come un ”trifoglio”.
iPad Targeted Content
lo standard di razza
Qualunque bengala desta ammirazione perché il suo aspetto è tra i più spettacolari nel mondo felino, ma lo standard ufficiale di razza prevede caratteristiche ben precise.
Anche se ci possono essere piccole discrepanze tra le varie associazioni feline tutti concordano che…
Il bengala è un gatto di taglia medio grande, il maschio può arrivare a pesare anche 9 Kg, la femmina 4 o 5, raramente di più. Ha una struttura robusta, corpo solido e muscoloso, le zampe posteriori un po’ più lunghe di quelle anteriori, la coda leggermente spessa e non troppo lunga, arrotondata e nera in punta, è apprezzato il portamento all’ingiù. L’impressione generale che si deve avere osservando un bengala è di potenza e grande agilià, deve farci evocare (sognare) i felini che saltano di ramo in ramo all’inseguimento delle loro prede.
La testa dovrebbe essere leggermente più piccola rispetto al resto del corpo con orecchie relativamente piccole dalla base larga, con la punta arrotondata e ben distanziate tra di loro. Il naso dritto che continua dalla curva della fronte senza brusche interruzioni e dalla punta grande. Gli occhi devono essere grandi, espressivi, distanziati, quasi tondi che si allungano leggermente verso le orecchie e che ricordano quelli dei grandi felini notturni. Il colore può essere nocciola, oro più raramente verde. azzurri o acqua solo nella variante “snow”.
I cuscinetti dei baffi e il mento (non sporgente) devono essere ben pronunciati e in evidenza, a formare come un ”trifoglio”.
Android Targeted Content
lo standard di razza
Qualunque bengala desta ammirazione perché il suo aspetto è tra i più spettacolari nel mondo felino, ma lo standard ufficiale di razza prevede caratteristiche ben precise.
Anche se ci possono essere piccole discrepanze tra le varie associazioni feline tutti concordano che…
Il bengala è un gatto di taglia medio grande, il maschio può arrivare a pesare anche 9 Kg, la femmina 4 o 5, raramente di più. Ha una struttura robusta, corpo solido e muscoloso, le zampe posteriori un po’ più lunghe di quelle anteriori, la coda leggermente spessa e non troppo lunga, arrotondata e nera in punta, è apprezzato il portamento all’ingiù. L’impressione generale che si deve avere osservando un bengala è di potenza e grande agilià, deve farci evocare (sognare) i felini che saltano di ramo in ramo all’inseguimento delle loro prede.
La testa dovrebbe essere leggermente più piccola rispetto al resto del corpo con orecchie relativamente piccole dalla base larga, con la punta arrotondata e ben distanziate tra di loro. Il naso dritto che continua dalla curva della fronte senza brusche interruzioni e dalla punta grande. Gli occhi devono essere grandi, espressivi, distanziati, quasi tondi che si allungano leggermente verso le orecchie e che ricordano quelli dei grandi felini notturni. Il colore può essere nocciola, oro più raramente verde. azzurri o acqua solo nella variante “snow”.
I cuscinetti dei baffi e il mento (non sporgente) devono essere ben pronunciati e in evidenza, a formare come un ”trifoglio”.
Blackberry Targeted Content
lo standard di razza
Qualunque bengala desta ammirazione perché il suo aspetto è tra i più spettacolari nel mondo felino, ma lo standard ufficiale di razza prevede caratteristiche ben precise.
Anche se ci possono essere piccole discrepanze tra le varie associazioni feline tutti concordano che…
Il bengala è un gatto di taglia medio grande, il maschio può arrivare a pesare anche 9 Kg, la femmina 4 o 5, raramente di più. Ha una struttura robusta, corpo solido e muscoloso, le zampe posteriori un po’ più lunghe di quelle anteriori, la coda leggermente spessa e non troppo lunga, arrotondata e nera in punta, è apprezzato il portamento all’ingiù. L’impressione generale che si deve avere osservando un bengala è di potenza e grande agilià, deve farci evocare (sognare) i felini che saltano di ramo in ramo all’inseguimento delle loro prede.
La testa dovrebbe essere leggermente più piccola rispetto al resto del corpo con orecchie relativamente piccole dalla base larga, con la punta arrotondata e ben distanziate tra di loro. Il naso dritto che continua dalla curva della fronte senza brusche interruzioni e dalla punta grande. Gli occhi devono essere grandi, espressivi, distanziati, quasi tondi che si allungano leggermente verso le orecchie e che ricordano quelli dei grandi felini notturni. Il colore può essere nocciola, oro più raramente verde. azzurri o acqua solo nella variante “snow”.
I cuscinetti dei baffi e il mento (non sporgente) devono essere ben pronunciati e in evidenza, a formare come un ”trifoglio”.
Desktop and all none targeted content
lo standard di razza
Qualunque bengala desta ammirazione perché il suo aspetto è tra i più spettacolari nel mondo felino, ma lo standard ufficiale di razza prevede caratteristiche ben precise.
Anche se ci possono essere piccole discrepanze tra le varie associazioni feline tutti concordano che…
Il bengala è un gatto di taglia medio grande, il maschio può arrivare a pesare anche 9 Kg, la femmina 4 o 5, raramente di più. Ha una struttura robusta, corpo solido e muscoloso, le zampe posteriori un po’ più lunghe di quelle anteriori, la coda leggermente spessa e non troppo lunga, arrotondata e nera in punta, è apprezzato il portamento all’ingiù. L’impressione generale che si deve avere osservando un bengala è di potenza e grande agilià, deve farci evocare (sognare) i felini che saltano di ramo in ramo all’inseguimento delle loro prede.
La testa dovrebbe essere leggermente più piccola rispetto al resto del corpo con orecchie relativamente piccole dalla base larga, con la punta arrotondata e ben distanziate tra di loro. Il naso dritto che continua dalla curva della fronte senza brusche interruzioni e dalla punta grande. Gli occhi devono essere grandi, espressivi, distanziati, quasi tondi che si allungano leggermente verso le orecchie e che ricordano quelli dei grandi felini notturni. Il colore può essere nocciola, oro più raramente verde. azzurri o acqua solo nella variante “snow”.
I cuscinetti dei baffi e il mento (non sporgente) devono essere ben pronunciati e in evidenza, a formare come un ”trifoglio”.
Il colore del mantello
iPhone Targeted Content
i colori del mantello
Il mantello è corto, setoso, brillante e morbidissimo al tatto. Richiede pochissime cure, è sufficiente una passata con un panno tipo camoscio. Il bagno è più un gioco che una necessità.
Il disegno del mantello può essere:
Spotted, cioè “macchie” di un solo colore
Rosettato, cioè rosette che possono essere a due o tre colori, aperte, chiuse, a punta di lancia o a “paw print” (un gruppetto di piccole macchie scure appoggiate su una più grande, come l’impronta della zampa di un leopardo)
Marbled, (ovvero marmorizzato, particolarissimo, da vedere!) dove il disegno è costituito da un bel flusso orizzontale paragonabile appunto alle venature del marmo
Sparble, un tipo di manto che non è rosettato ma nemmeno marmorizzato perchè è costituito da grandissime rosette concatenate tra di loro

Il colore del mantello può essere:
Brown, dal marrone più freddo fino al biondo, passando per il rufus (rosso, arancio o fulvo)
Snow
, cioè come il leopardo delle nevi però nelle varianti, sepia (cioccolato dal burmese), mink (crema-cioccolato dal tonkinese), linx (con le macchie più scure sulle estremità, dal siamese)
Silver, ovvero argento con macchie più o meno contrastate su fondo che può anche essere chiarissimo, senza nessun accenno di marrone
Golden, un colore meraviglioso che geneticamente nasce dall’incrocio di un brown con un silver, è un oro burro chiarissimo che non cambia con il tempo ed è diverso dal “light brown” che con il tempo scurisce
Melanistic o Pantherette, tutto nero ma in cui il disegno del mantello, spotted o marble che sia, si indovina comunque intravedendolo dal fondo come appunto per le pantere (da qui la variante charcoal)
Whited belly (sottopancia bianco), partendo dall’ALC che ha un sottopancia bianco/grigio, cerchiamo di ottenere esemplari con un sottopancia il più chiaro possible e solo raramente si ottiene un bianco puro, ma già un bianco domestico (burro) conferisce un bellissimo e wild look al nostro micio
Il glitter è la trasparenza e l’assoluta assenza di colore dell’estremità di ogni singolo pelo, che fa sì, che la luce diretta venga riflessa donandogli quella lucentezza così unica e particolare.

Per saperne di più: BENGAL di William Marc King, Gruppo Editoriale Castel Negrino
iPad Targeted Content
i colori del mantello
Il mantello è corto, setoso, brillante e morbidissimo al tatto. Richiede pochissime cure, è sufficiente una passata con un panno tipo camoscio. Il bagno è più un gioco che una necessità.
Il disegno del mantello può essere:
Spotted, cioè “macchie” di un solo colore
Rosettato, cioè rosette che possono essere a due o tre colori, aperte, chiuse, a punta di lancia o a “paw print” (un gruppetto di piccole macchie scure appoggiate su una più grande, come l’impronta della zampa di un leopardo)
Marbled, (ovvero marmorizzato, particolarissimo, da vedere!) dove il disegno è costituito da un bel flusso orizzontale paragonabile appunto alle venature del marmo
Sparble, un tipo di manto che non è rosettato ma nemmeno marmorizzato perchè è costituito da grandissime rosette concatenate tra di loro

Il colore del mantello può essere:
Brown, dal marrone più freddo fino al biondo, passando per il rufus (rosso, arancio o fulvo)
Snow
, cioè come il leopardo delle nevi però nelle varianti, sepia (cioccolato dal burmese), mink (crema-cioccolato dal tonkinese), linx (con le macchie più scure sulle estremità, dal siamese)
Silver, ovvero argento con macchie più o meno contrastate su fondo che può anche essere chiarissimo, senza nessun accenno di marrone
Golden, un colore meraviglioso che geneticamente nasce dall’incrocio di un brown con un silver, è un oro burro chiarissimo che non cambia con il tempo ed è diverso dal “light brown” che con il tempo scurisce
Melanistic o Pantherette, tutto nero ma in cui il disegno del mantello, spotted o marble che sia, si indovina comunque intravedendolo dal fondo come appunto per le pantere (da qui la variante charcoal)
Whited belly (sottopancia bianco), partendo dall’ALC che ha un sottopancia bianco/grigio, cerchiamo di ottenere esemplari con un sottopancia il più chiaro possible e solo raramente si ottiene un bianco puro, ma già un bianco domestico (burro) conferisce un bellissimo e wild look al nostro micio
Il glitter è la trasparenza e l’assoluta assenza di colore dell’estremità di ogni singolo pelo, che fa sì, che la luce diretta venga riflessa donandogli quella lucentezza così unica e particolare.

Per saperne di più: BENGAL di William Marc King, Gruppo Editoriale Castel Negrino
Android Targeted Content
i colori del mantello
Il mantello è corto, setoso, brillante e morbidissimo al tatto. Richiede pochissime cure, è sufficiente una passata con un panno tipo camoscio. Il bagno è più un gioco che una necessità.
Il disegno del mantello può essere:
Spotted, cioè “macchie” di un solo colore
Rosettato, cioè rosette che possono essere a due o tre colori, aperte, chiuse, a punta di lancia o a “paw print” (un gruppetto di piccole macchie scure appoggiate su una più grande, come l’impronta della zampa di un leopardo)
Marbled, (ovvero marmorizzato, particolarissimo, da vedere!) dove il disegno è costituito da un bel flusso orizzontale paragonabile appunto alle venature del marmo
Sparble, un tipo di manto che non è rosettato ma nemmeno marmorizzato perchè è costituito da grandissime rosette concatenate tra di loro

Il colore del mantello può essere:
Brown, dal marrone più freddo fino al biondo, passando per il rufus (rosso, arancio o fulvo)
Snow
, cioè come il leopardo delle nevi però nelle varianti, sepia (cioccolato dal burmese), mink (crema-cioccolato dal tonkinese), linx (con le macchie più scure sulle estremità, dal siamese)
Silver, ovvero argento con macchie più o meno contrastate su fondo che può anche essere chiarissimo, senza nessun accenno di marrone
Golden, un colore meraviglioso che geneticamente nasce dall’incrocio di un brown con un silver, è un oro burro chiarissimo che non cambia con il tempo ed è diverso dal “light brown” che con il tempo scurisce
Melanistic o Pantherette, tutto nero ma in cui il disegno del mantello, spotted o marble che sia, si indovina comunque intravedendolo dal fondo come appunto per le pantere (da qui la variante charcoal)
Whited belly (sottopancia bianco), partendo dall’ALC che ha un sottopancia bianco/grigio, cerchiamo di ottenere esemplari con un sottopancia il più chiaro possible e solo raramente si ottiene un bianco puro, ma già un bianco domestico (burro) conferisce un bellissimo e wild look al nostro micio
Il glitter è la trasparenza e l’assoluta assenza di colore dell’estremità di ogni singolo pelo, che fa sì, che la luce diretta venga riflessa donandogli quella lucentezza così unica e particolare.

Per saperne di più: BENGAL di William Marc King, Gruppo Editoriale Castel Negrino
Blackberry Targeted Content
i colori del mantello
Il mantello è corto, setoso, brillante e morbidissimo al tatto. Richiede pochissime cure, è sufficiente una passata con un panno tipo camoscio. Il bagno è più un gioco che una necessità.
Il disegno del mantello può essere:
Spotted, cioè “macchie” di un solo colore
Rosettato, cioè rosette che possono essere a due o tre colori, aperte, chiuse, a punta di lancia o a “paw print” (un gruppetto di piccole macchie scure appoggiate su una più grande, come l’impronta della zampa di un leopardo)
Marbled, (ovvero marmorizzato, particolarissimo, da vedere!) dove il disegno è costituito da un bel flusso orizzontale paragonabile appunto alle venature del marmo
Sparble, un tipo di manto che non è rosettato ma nemmeno marmorizzato perchè è costituito da grandissime rosette concatenate tra di loro

Il colore del mantello può essere:
Brown, dal marrone più freddo fino al biondo, passando per il rufus (rosso, arancio o fulvo)
Snow
, cioè come il leopardo delle nevi però nelle varianti, sepia (cioccolato dal burmese), mink (crema-cioccolato dal tonkinese), linx (con le macchie più scure sulle estremità, dal siamese)
Silver, ovvero argento con macchie più o meno contrastate su fondo che può anche essere chiarissimo, senza nessun accenno di marrone
Golden, un colore meraviglioso che geneticamente nasce dall’incrocio di un brown con un silver, è un oro burro chiarissimo che non cambia con il tempo ed è diverso dal “light brown” che con il tempo scurisce
Melanistic o Pantherette, tutto nero ma in cui il disegno del mantello, spotted o marble che sia, si indovina comunque intravedendolo dal fondo come appunto per le pantere (da qui la variante charcoal)
Whited belly (sottopancia bianco), partendo dall’ALC che ha un sottopancia bianco/grigio, cerchiamo di ottenere esemplari con un sottopancia il più chiaro possible e solo raramente si ottiene un bianco puro, ma già un bianco domestico (burro) conferisce un bellissimo e wild look al nostro micio
Il glitter è la trasparenza e l’assoluta assenza di colore dell’estremità di ogni singolo pelo, che fa sì, che la luce diretta venga riflessa donandogli quella lucentezza così unica e particolare.

Per saperne di più: BENGAL di William Marc King, Gruppo Editoriale Castel Negrino
Desktop and all none targeted content
i colori del mantello
Il mantello è corto, setoso, brillante e morbidissimo al tatto. Richiede pochissime cure, è sufficiente una passata con un panno tipo camoscio. Il bagno è più un gioco che una necessità.
Il disegno del mantello può essere:
Spotted, cioè “macchie” di un solo colore
Rosettato, cioè rosette che possono essere a due o tre colori, aperte, chiuse, a punta di lancia o a “paw print” (un gruppetto di piccole macchie scure appoggiate su una più grande, come l’impronta della zampa di un leopardo)
Marbled, (ovvero marmorizzato, particolarissimo, da vedere!) dove il disegno è costituito da un bel flusso orizzontale paragonabile appunto alle venature del marmo
Sparble, un tipo di manto che non è rosettato ma nemmeno marmorizzato perchè è costituito da grandissime rosette concatenate tra di loro

Il colore del mantello può essere:
Brown, dal marrone più freddo fino al biondo, passando per il rufus (rosso, arancio o fulvo)
Snow
, cioè come il leopardo delle nevi però nelle varianti, sepia (cioccolato dal burmese), mink (crema-cioccolato dal tonkinese), linx (con le macchie più scure sulle estremità, dal siamese)
Silver, ovvero argento con macchie più o meno contrastate su fondo che può anche essere chiarissimo, senza nessun accenno di marrone
Golden, un colore meraviglioso che geneticamente nasce dall’incrocio di un brown con un silver, è un oro burro chiarissimo che non cambia con il tempo ed è diverso dal “light brown” che con il tempo scurisce
Melanistic o Pantherette, tutto nero ma in cui il disegno del mantello, spotted o marble che sia, si indovina comunque intravedendolo dal fondo come appunto per le pantere (da qui la variante charcoal)
Whited belly (sottopancia bianco), partendo dall’ALC che ha un sottopancia bianco/grigio, cerchiamo di ottenere esemplari con un sottopancia il più chiaro possible e solo raramente si ottiene un bianco puro, ma già un bianco domestico (burro) conferisce un bellissimo e wild look al nostro micio
Il glitter è la trasparenza e l’assoluta assenza di colore dell’estremità di ogni singolo pelo, che fa sì, che la luce diretta venga riflessa donandogli quella lucentezza così unica e particolare.

Per saperne di più: BENGAL di William Marc King, Gruppo Editoriale Castel Negrino